martes, 6 de septiembre de 2011

lo constante

Todas las cosas cambian,
incluso aquellas que no creíamos que cambiarían,
como el cambio climático

descubrimos nuevas ventanas que nos asombran
y dejamos de creer en cosas que creíamos
y de repente ya no pensamos que tenemos razón
 o que hay alguna razón a la mano (hablo del LHC)

todo cambia,
cambian mis amigos,
cambio yo

y la silueta sobre mi cama ha permanecido ahí ahora por mucho tiempo.
sin cambiar...

y me gusta

jueves, 1 de septiembre de 2011

la historia no se repite

La gente, a través del tiempo y el espacio, siempre ha encontrado nuevas formas de ser estúpida. La historia no se repite, no la sobre estimemos.

no es ignorancia tampoco...

salu!

miércoles, 23 de junio de 2010

Saramago "populista extremista de ideología antirreligiosa

No creo en Dios y no me hace ninguna falta. Por lo menos estoy a salvo de ser intolerante. Los ateos somos las personas más tolerantes del mundo. Un creyente fácilmente pasa a la intolerancia. En ningún momento de la historia, en ningún lugar del planeta, las religiones han servido para que los seres humanos se acerquen unos a los otros. Por el contrario, sólo han servido para separar, para quemar, para torturar. No creo en Dios, no lo necesito y además soy buena persona. - J. Saramago


Tras la muerte de José Saramago, el diario oficial del Vaticano, L' Osservatore Romano a publicado un artículo que ha sido tomado (por lo menos a decir de muchos medios de comunicación) como un ataque alevoso en contra del escritor, un aguijon clavado en su cadaver yacente, un insulto infame.

Saramago se distinguió como uno de los intelectuales mas lucidos que han condenado los abusos cometidos en nombre de la religión. Tómese de quien viene, el artículo publicado por el diario del vaticano, en el que hace una breve y peculiar reseña de su obra, me parece una excelente carta de recomendación para que generaciones futuras se acerquen a leer el legado de Saramago con emoción.

A mi, que soy ateo y madrugo y que siempre una buena taza de café me ayuda, me queda claro que la postura de Saramago, no es una postura en contra de Dios, ni siquiera en contra de la creencia de Dios, sino en contra de la religión y de las instituciones religiosas. No se puede atacar u ofender algo en lo que no se cree.

Me declaro incompetente para traducir el artículo, pero con ayuda de un diccionario no es difícil leerlo.



L'onnipotenza (presunta) del narratore

È morto José Saramago

di Claudio Toscani


De lo que la muerte nunca podrá ser acusada es de haber olvidado en el mundo por tiempo indefinido a algún viejo, solo para que envejezca cada vez mas, sin ningún merito ni razón visibles.



"Quello di cui la morte non potrà mai essere accusata è di aver dimenticato a tempo indeterminato nel mondo qualche vecchio, solo per invecchiare sempre di più, senza alcun merito o altro motivo visibile".


Sia pure scomparso alla rispettabile età di 87 anni, di José Saramago non si potrà dire che il  estino l'abbia tenuto in vita a tutti i costi, vedi la frase succitata, tolta dal romanzo Tutti i nomi, uscito in quel 1998 che lo vide provocatorio Nobel della letteratura.

"Saramago", cognome aggiunto all'anagrafico José Sousa, era nato nel 1922 ad Azinhaga in Portogallo, da una famiglia di contadini e braccianti. Trasferitosi a Lisbona nel 1924, qui aveva compiuto i suoi studi fino al diploma di tecnico meccanico. Non particolarmente complessa né movimentata, la sua vita veniva registrando vari lavori, tra cui l'editoria; un matrimonio nel 1944; un primo romanzo nel 1947 (Terra di peccato, che disconoscerà in sede di bibliografia ufficiale); l'iscrizione al Partito comunista nel 1969 e una militanza politica clandestina sino al 1974, quando la cosiddetta "rivoluzione dei garofani" (contro la dittatura di Caetano), ristabilisce le libertà democratiche.

Cinquantacinque anni compiva Saramago al suo vero primo romanzo, Manuale di pittura e di calligrafia (1977), ma nel resto della sua vita recupererà il tempo andato imponendosi in decine e decine di opere che coerentemente convergono attorno a pochi cespiti conduttori: la Storia maiuscola in filigrana a quella del popolo; una struttura autoritaria totalmente sottomessa all'autore, più che alla voce narrante, non solo onnisciente ma anche onnipresente; una tecnica dialogica in tutto debitrice all'oralità; un intento inventivo che non si cura di celare con la fantasia l'impronta ideologica d'eterno marxista; un tono da inevitabile apocalisse il cui perturbante presagio intende celebrare il fallimento di un Creatore e della sua creazione. E, infine, una strategica modalità, tematica ed espressiva a un tempo, impegnata a rendere quel che lui stesso ha definito la "profondità della superficie": qualcosa che allude sia a quel poco che conosciamo del tanto che rivendichiamo alla ragione, ma anche quel tanto che strappiamo alla realtà di quel poco che la ragione ci permette.  
Chiamando a raccolta non molti ma primari maestri (da Kafka a Borges, da Eça de Queiros a Pessoa, da Antonio Vieira a Machado), Saramago diede da subito l'elenco degli artefici della sua formazione, collocandoli senza soluzione di continuità lungo un'onda di piena al cui estuario poneva la novecentesca inquietudine della letteratura, della storia, dell'arte, della politica e della religione, oltrestesso. 
E per quel che riguardava la religione, uncinata com'è stata sempre la sua mente da una destabilizzante banalizzazione del sacro e da un materialismo libertario che quanto più avanzava negli anni tanto più si radicalizzava, Saramago non si fece mai mancare il sostegno di uno sconfortante semplicismo teologico: se Dio è all'origine di tutto, Lui è la causa di ogni effetto e l'effetto di ogni causa.
Un populista estremistico come lui, che si era fatto carico del perché del male nel mondo, avrebbe dovuto anzitutto investire del problema tutte le storte strutture umane, da storico politiche a socio-economiche, invece di saltare al per altro aborrito piano metafisico e incolpare, fin troppo comodamente e a parte ogni altra considerazione, un Dio in cui non aveva mai creduto, per via della Sua onnipotenza, della Sua onniscienza, della Sua onniveggenza. Prerogative, per così dire, che ben avrebbero potuto nascondere un mistero, oltre che la divina infinità delle risposte per l'umana totalità delle domande. Ma non per lui.  
Giunto tardi al romanzo, si era rifatto, come s'è detto, con una serie di narrazioni. Dal 1980 in poi, nella bibliografia dell'opera di Saramago, si transita da Memoriale del Convento a L'anno della morte di Ricardo Reis (1984), che torna alla storia del Portogallo nel 1936; da La zattera di pietra (1986), avventura ecologica e demoniaca che immagina la deriva della Spagna dell'oceano tra magico quotidiano, metafora politica e nuove soluzioni atlantiche, a Storia dell'assedio di Lisbona (1989), libro in cui un revisore editoriale, inserendo una particella negativa (un "non") in un saggio storico, dà a Saramago il destro per giocare a falsificare l'evento, più per gioco che per convinta ideologia. 
È il 1991 quando, inaugurando ciò che la critica ha chiamato il suo secondo tempo, lo scrittore pubblica Vangelo secondo Gesù, sfida alla memorie del cristianesimo di cui non si sa cosa salvare se, tra l'altro, Cristo è figlio di un Padre che imperturbato lo manda al sacrificio; che sembra intendersela con Satana più che con gli uomini; che sovrintende l'universo con potestà senza misericordia. E Cristo non sa nulla di Sé se non a un passo dalla croce; e Maria Gli è stata madre occasionale; e Lazzaro è lasciato nella tomba per non destinarlo a morte suppletiva. 
Irriverenza a parte, la sterilità logica, prima che teologica, di tali assunti narrativi, non produce la perseguita decostruzione ontologica, ma si ritorce in una faziosità dialettica di tale evidenza da vietargli ogni credibile scopo.

Il secondo tempo di Saramago si diversifica poi con Cecità (1995), affresco apocalittico che denuncia la notte dell'etica in cui siamo sprofondati. Poi in campo esistenziale, sia con Tutti i nomi (1997), altra apocalisse dal pessimismo assoluto sospesa su una indifferenziata comunità di morti e di vivi, sia con Il racconto dell'isola sconosciuta (1998), parabola sull'uguaglianza dell'uomo tra gli uomini. In campo intellettuale, prima con La caverna (2000), che tra Kafka, Huxley e Orwell, dispiega un allarme meno disperato del solito e addirittura aperto alla speranza; poi, con L'uomo duplicato (2003), dove colui che si scopre identico a una comparsa televisiva finisce per smarrirsi in un garbuglio fattuale, psichico e spirituale.

Avvicinandosi alla fine, Saramago ci ha lasciato un "testamentario" Saggio sulla lucidità (del 2004), critica al funzionamento, se non alla funzionalità, delle odierne democrazie, contro le quali l'autore auspica una schiacciante maggioranza di "schede bianche", la più invisa espressione di volontà politica per un potere che solo così dovrebbe deflagrare. Poi, un "giocoso" Don Giovanni o il dissoluto assolto (del 2005), ossia il ritratto di un onore sociale offeso, giacché al grande amatore non riesce, nel testo, ciò per cui è da sempre famoso.  
Fertile, comunque, la discesa creativa degli anni appena precedenti la scomparsa: dall'itinerante carovana di Il viaggio dell'elefante (2009), pittoresco, umoristico e "peripatetico", all'inaccettabile Caino (2010), romanzo-saggio sull'ingiustizia di Dio, parodiante antilettura biblica, per non dire di altri titoli che andrebbero segnalati, a onor del vero, ma quasi sempre per polemica o pretesto.  
Saramago è stato dunque un uomo e un intellettuale di nessuna ammissione metafisica, fino all'ultimo inchiodato in una sua pervicace fiducia nel materialismo storico, alias marxismo. Lucidamente autocollocatosi dalla parte della zizzania nell'evangelico campo di grano, si dichiarava insonne al solo pensiero delle crociate, o dell'inquisizione, dimenticando il ricordo dei gulag, delle "purghe", dei genocidi, dei samizdat culturali e religiosi.  
«L'Osservatore Romano» del 20 giugno 2010

jueves, 8 de abril de 2010

la fuente

"Atravesó el jardín, se detuvo un momento para mirar la estatua de la mujer con el cántaro vacío, Me dejaron aquí, parecía decir ella, y hoy no sirvo nada más que para contemplar estas aguas muertas, hubo una época, cuando la piedra de que estoy hecha aún era blanca, en que un manantial fluía día y noche de este cántaro, nunca me dijeron de dónde procedía tanta agua, yo sólo estaba aquí para inclinar el cántaro, ahora ni una gota escurre de él, y tampoco nadie ha venido a decirme por qué se acabó. El murmuró, Es como la vida, hija mía, comienza no se sabe para qué, termina no se sabe por qué. Se mojó las puntas de los dedos de la mano derecha y se los llevó  a la boca. No pensó que el gesto pudiera tener ningún significado, sin embargo, alguien que estuviera en el otro lado observando lo que hacía podría jurar que había besado aquella agua que ni limpia estaba, verde de limosidades, con cieno en el fondo del estanque, impura como la vida."

De Ensallo sobre la lucidez, de José Saramago.
La foto de aquí.

Salu!

miércoles, 17 de febrero de 2010

Bomarzo


Los Miserables ha sido mi novela favorita por muchos años, con todo y que en este tiempo he leído muchas novelas y autores entrañables. Ahora estoy leyendo la novela que creo pondrá a Los Miserables en segundo lugar de mi lista. Y eso me hace disfrutar mucho su lectura, se llama Bomarzo, el autor es Manuel Mujica Lainez y es argentino.


Bomarzo es una historia sobre un hombre aparentemente inmortal (aparentemente porque aun no la termino), pero basada en un personaje histórico de la nobleza italiana. En la novela el conde de Bomarzo es jorobado, está narrado en primera persona y hasta ahorita todo ha transcurrido en el siglo XVI, pero el narrador sutilmente presume conocer la historia de los siglos posteriores hasta nuestro tiempo. Lo que mas disfruto es el caudal de referencias culturales e históricas, su forma de construir un relato en que interactua con artistas del renacimiento me parece deliciosa, y mas aun, cuando son artistas cuya obra me ha aportado muchos instantes de placer contemplativo. 

Por otra parte, con toda la arbitrariedad que mi gusto personal pueda aportar a este juicio, le encuentro una prosa con fragmentos que me parecen extraordinariamente bellos.

Leo sin prisa, disfrutando cada pagina y releyendo cuando se me antoja. Ya les contaré :)

Salu!

P.D. Liliana, Gracias por el regalazo!

viernes, 1 de enero de 2010

Muchos rayos comiscos, mis mejores deseos!!! (reload)

2009 fue un año intenso, tanto en el ámbito de las desgracias como el de las fortunas. Pero solo quiero mencionar dos eventos científicos que en lo personal me dejan lleno de expectativas: el LHC acelero haces de partículas a energías record para la humanidad, sus detectores funcionaron y concluyo con éxito la primera etapa de su funcionamiento: todo esta listo para que a principios del próximo año genere resultados científicos esperados por décadas y quizá algún descubrimiento importante. El segundo evento es en relación con la existencia de la materia obscura. La colaboración CDMS nos dio la noticia a mediados de diciembre de la detección de dos eventos que muestran evidencia de la existencia de partículas de mucha masa muy débilmente interactuantes que podrían ser la primera evidencia directa de las estructuras elementales que componen la materia obscura: la primera evidencia de estar encontrando una parte del 95% de la materia del universo que se nos perdió hace mas de 70 años. De confirmarse este descubrimiento, se le estaría arrebatando a la materia obscura el escalofriante carácter especulativo que a tenido durante todo este tiempo (Para mis amigos no-físicos: la materia de que esta hecha el universo visible constituye solo el 5% de la materia del universo. El otro resto es aparentemente indetectable pero su presencia se infiere a partir de efectos gravitatorios.)

Entonces:

Que este 2010 nos traiga muchos Rayos Cósmicos Ultra Energéticos.

Que se detecte el Higgs, las ondas gravitacionales y al menos una partícula supersimetrica.

Que entendamos mejor la física de los neutrinos, el plasma de quarks y gluones, la naturaleza de la radiación cósmica.

Que la colaboración CDMS pueda ampliar el volumen de sus detectores y confirmar sus descubrimientos.

Que todo el conocimiento que se genere en esta y otras áreas nos ayude a ser mejores personas y a entender como combatir los grandes problemas de la humanidad.

Que el sida, el cáncer y el cambio climático no nos sigan ganando la carrera y que nos queden fuerzas para sobreponernos a todas las crisis económicas, a la corrupción, a la impunidad, a las pandemias y cualquier otra calamidad que se nos venga encima...


En fin, mis mejores deseos para todos ustedes!

Muchas felicidades!!!!

viernes, 2 de octubre de 2009

China



Lo primero que hicieron fue encargarse de que no lloviera.

Bueno, la verdad es que no me atrevo a decir que fue lo primero que hicieron. Lo cierto es que las imágenes son excesivamente elocuentes. Así celebraron 60 años , "tomados de las manos" (dice uno de sus cantos) en un festejo en que lo único que rebasa la suntuosidad es la armonía, pero compiten un chorro de adjetivos: cultural, laborioso, colorido, extravagante, moderno, histórico, diverso, excesivo... soberbio.

Quizá empezaron por construir un país. Uno que no se si es bueno o malo, que no creo que podamos juzgar con nuestra cultura occidental u occidentalizada (o a menudo nuestra falta de ella), un país que tiene quizás muchos defectos pero también muchas virtudes, en donde muchas libertades que para nosotros son indispensables fueron sacrificadas para un bien común. Un sistema de justicia tan absurdo y arcaico que castiga muchos delitos con pena de muerte, entre ellos el fraude financiero, quizá porque para ellos un fraude como los que se cometen en nuestro país implica condenar a morir de hambre a muchos millones de personas. (Bueno, quizás también en el nuestro y en muchos otros).

Así celebraron 60 años. Independientemente del país que tengamos ¿Como se celebran 200 y 100?

Mas allá de la embriaguez, de la fiestototota que nos vamos a dar en memoria de un montón de gente muerta que dio su vida para que tuviéramos algo que NO tenemos (o por lo menos la gran mayoría no tiene) ¿Como sera bueno celebrar?

Tal ves seria bueno hacer propuestas que no se queden en ocurrencias. Propuestas que nos ayuden a construir una mejor sociedad y que seamos capaces de asumir como individuos.

Vean los videos. Están increíbles. Hay mas videos e imagines aquí y aquí con subtítulos en ingles.

Los Chinos, son unos cabrones!



miércoles, 9 de septiembre de 2009

El mejor pintor del mundo


White painting by Rauschenberg, Robert

-La verdad es que... -dijo Raúl.

Vicente comprendió que había que esperar un poco a saber cual era la verdad. Raúl bajó la mano que sostenía el pincel. Estaban los dos mirando el lienzo claveteado en el bastidor y puesto asi en el caballete. Raúl toco con el pincel la luz del aire, aplastó suavemente el copete de cerdas en la paleta, completamente blanca, acercó el pincel al lienzo. Vicente se apartó para asomarse al paisaje de tejados por el ventanuco de la buhardilla y evitar así distracciones a su hermano.

Raúl miraba el lienzo entrecerrando los ojos y echando la cabeza para atrás, luego daba unas pinceladas aquí y allá.

Ni el pincel ni el lienzo ni la paleta tenían pintura. Nunca la habían tenido. Ni una mota de pintura.

-Como puedes ver, el cuadro está muy avanzado. Ya definido -dijo Raúl-. Quisiera ahora unos toques de luna aquí. A ver si tengo suerte esta noche, a ver si hay buena luna.

Vicente miraba el cuadro en blanco. Respetuosamente, sintiéndolo "muy avanzado, ya definido".

-Quizá es el mejor de mis autorretratos. Qué te parece -dijo Raúl, y bajando la cabeza y ponderando penosamente Vicente dijo:

-Quizá. No sé -y Raúl dijo:

-Es difícil saberlo. Sé crédulo, sigue mirando mis cuadros así, un día los verás del todo y podrás comparar mejor -y volviéndose a mirar a Vicente hizo una pausa cargada de suspense, anunciadora (Vicente lo supo en el acto, esperó con emoción) de que por fin se disponía a decir cuál era la verdad. En efecto, dijo:

-La verdad es que yo debería ser el mejor pintor del mundo...

Vicente Soto
Pasos de nadie. 1991.
Fragento tomado del cuento "Exiliado en el aire".

martes, 1 de septiembre de 2009

Ir al teatro ... (o me gustaría que mas personas disfrutaran de esto)

evafutura


Para librarse de lo cotidiano, de los hábitos, de la pereza mental que nos arrebata el asombro por el mundo, es preciso recibir como un verdadero porrazo.
Eugene Ionesco



A menudo, la mayoría de la gente que uno encuentra en las salas de teatro es gente de teatro. Es decir, aun cuando a todos preferirían estar en el escenario o tras bambalinas, son ellos mismos la mayor parte del publico. Esta nota la escribo para los otros, llamemonos el h. publico, cualquiera que sea la razón por la que nos convertimos en eso. En el tiempo que tengo viviendo en esta ciudad le he llegado a tener un gusto muy especial al teatro, y mas allá de su contenido artístico, su magia creativa y su poesía, lo disfruto por la sorpresa y expectativa de lo inesperado.

El artista utiliza sus recursos como medio para la expresión de emociones, y por esa razón, la experiencia de ir al teatro sera placentera en la medida que podamos liberar de cualquier prejuicio nuestros sentidos y nuestra razón. Como publico no tenemos ningún compromiso con el arte y al sentarnos frente al escenario ninguna responsabilidad recae en nuestros hombros, no debemos preocuparnos por interpretar nada, nuestra única obligación es estar dispuestos a disfrutar algo que no conocemos, algo nuevo. Creo que el error mas común que cometemos y que nos lleva a no disfrutar una obra es el tomar el papel de un crítico de teatro. Nadie nos va a cuestionar nuestras habilidades para juzgar una obra, somos el h. publico, así que tampoco debemos preocuparnos en el transcurso de la obra por como juzgar a un actor, una escenografía, iluminación, sonido, etc., no importa el genero de lo que estamos por ver, creo que la mejor forma de prepararnos es no pensar en nada, acaso el esbozo que a la imaginación induce el titulo de lo que vamos a presenciar.

Estamos ahí para ver y oír, sentir, pero no de la forma que vemos una pintura o escuchamos alguna melodía, sino para entregarnos a la contemplación de una presencia viva, una evolución de recursos en la que el actor renuncia a si mismo, se despoja de si para hacer vivir delante de nosotros a sus personajes, en una aventura prodigiosa lleva su entorno real fuera del alcance de nuestra conciencia, se apodera de nuestra imaginación, en un absurdo al que debemos entregarnos desaparecerán ante nuestros ojos. En el clímax de esta experiencia, cuando la atmósfera de la obra nos envuelva, podremos ver rostros de seres inverosímiles, participaremos de sus emociones en alguna manera y ante esa otra realidad, no veremos lo que verdaderamente esta ante nuestros ojos, una persona cuyo nombre esta apuntado en un tríptico que esta en nuestras manos. Quizás al final, cuando el ver los rostro de nuestros acompañantes nos haga salir del asombro de haber sentido una experiencia ajena, podremos encontrar una razón para saber el porque nos gusto, o que pudo habernos gustado aun mas.

Hay gente haciendo un trabajo creativo increíble en los rincones teatrales por toda la ciudad, mes a mes la cartelera es basta. Son muchas personas las que se tendrían que poner de acuerdo para que una obra saliera mala, y aunque a veces lo logran, siempre habrá en ellas algo que disfrutar.

Así como en en el cine se puede hablar de un "cine de arte", también en teatro se puede hablar de un "teatro de no-arte", no lo digo con intención de restarle merito, ya que cumple un papel tan importante en la difusión del teatro, como para las letras lo hace la literatura popular (e.g. el código da vinci, harry potter -sorry friends- , etc., conste que soy fan de M.L. Estefania), nos entretiene, nos acerca al arte. Pero un actor acostumbrado a actuar frente a una cámara de televisión, que recibe la admiración ordinaria de las masas, necesitaría un ejercicio extraordinario de humildad para desaparecer y darle lugar a la fantasía ante un publico de carne y hueso. Quizá nos deje contentos el haber visto a un actor famoso, si nos hizo reír, mejor, y tal ves disfrutemos un poco ver la representación de una historia. Pero nos estaremos privando de una experiencia irreemplazable si no arriesgamos un poco y nos atrevemos a entrar a esas obscuras salas que a menudo se encuentran casi vacías, en las que la obra se convierte en una convivencia intima entre creadores y publico.

Asistir al teatro significa mucho mas que ir a sentarse en una silla frente a un escenario a presenciar un espectáculo, y es delicioso ir al teatro y ver como se rompe asombrosamente con ese esquema.

Hay quir!

martes, 11 de agosto de 2009

pasaba por aqui...



La imaginación está ocupada
esta pagina se queda sin letras momentáneas
fluye en dirección contraria
hacia las sombras que se aclaran destrozadas
la prosa descansa rumiante
masticando eventos de piedra
que se abren en imágenes danzantes
que no paran, que se arremolinan,
que se alimentan de ex-sensibilidad almacenada
de melancolías alucinantes...


serse amigos ... la tesis domina ;)